Riflessioni sul contributo della psicoterapia cognitivo comportamentale nello studio del pensiero.
Nella psicoterapia cognitiva assume un ruolo di primo piano lo studio del pensiero: dell'identificazione in prima analisi e della possibile trasformazione del pensiero dell'individuo come seconda opportunità.
Ciò può avvenire grazie ad una sinergia di fattori che innescano un "movimento" volto a una maggiore consapevolezza di sé e al raggiungimento di un equilibrio più stabile. Punto di partenza è quindi l'ascolto di sé, delle dinamiche interiori che governano non solo i pensieri, ma talvolta anche i comportamenti.
Per prima cosa è necessario assumere un atteggiamento mentale rilassato, essere disposti a rendersi "vuoti" per accogliere gli stati d'animo, l'inquietudine, anche le emozioni distruttive che a volte occupano prepotentemente la mente. Solo dall'ascolto e dalla totale accoglienza dei propri stati emotivi è possibile iniziare questo viaggio di consapevolezza di sé che, in ultima analisi, permette di affrontare l'ansia, gestire eventuali pericoli percepiti come tali, cessare di fuggire da ciò che pensiamo procuri sofferenza, mettendo in atto un meccanismo di evitamento che appunto permette di "scansare" certe situazioni temibili.
Quanto ipotizzato implica un cambiamento di comportamento concreto, visibile, deciso che parte proprio dalla rinuncia ad assumere atteggiamenti evitanti. Come buon manager di se stesso, con pazienza e altrettanta tenacia è necessario considerare che pensiero, stato d'animo, comportamento, reazioni fisiche (somatiche) sono strettamente legati per cui agendo su uno di essi anche gli altri si modificano. Si tratta di un'interazione continua e sinergica poiché ognuna di queste aree è in stretta comunicazione con le altre. Modificando una di queste aree anche le altre subiscono una trasformazione. Ovviamente l'area più complessa, strutturata e che produce cambiamenti maggiormente durevoli è quella del pensiero, ma ciò non toglie che se agiamo sul comportamento (esempio decidere di fare una lunga passeggiata all'aria aperta) o sullo stato d'animo ( esempio con il training autogeno) i cambiamenti che si innescano sono ugualmente apprezzabili.
Si può affermare con un buon margine di tranquillità che la consapevolezza e la padronanza dei meccanismi che governano il proprio pensiero contribuiscono a migliorare lo stato d'animo, le reazioni psicofisiche ad esso legato, infine anche il comportamento, che diventa più aperto e meno difensivo nei confronti del mondo esterno. In pratica uno stato d'animo cupo è legato ad un determinato pensiero (o catena di pensieri) che a sua volta facilmente produce un comportamento evitante, diffidente, espulsivo verso chi possa a torto o a ragione avvicinarsi. Nella peggiore delle ipotesi la capacità comunicativa e di interpretazione della realtà si riduce drammaticamente al pensiero dominante negativo, fino ad un'estrema identificazione fra cìo che si percepisce e la realtà stessa. Sì realizza un'identificazione totale fra ciò che in quel momento percepiamo e la realtà comunque enormemente più complessa e ricca di ciò che si vive. Saper attingere a tale complessa ricchezza permette di guardare oltre al sintomo, al pensiero negativo, al pensiero definito "automatico".
Il pensiero automatico è un tipo di pensiero stereotipato, mortificante che tende a inficiare l'autostima e la sicurezza interiore della persona. Esso blocca l'iniziativa della persona proponendo soltanto giudizi negativi e castranti ("non piaccio a nessuno, non sono intelligente, sono sciocco, sono troppo povero, se vado là non mi divertirò...").
Riuscire ad uscire da questo stallo mentale (perché di stallo si tratta) non significa "pensare in positivo", né tanto meno essere ottimisti, ma al contrario lasciare scorrere liberamente i propri pensieri senza averne paura e senza cercare soluzioni facili, ma lasciandosi il tempo di elaborare il proprio vissuto emotivo e soprattutto con uno sguardo interiore benevolo, sguardo che nasce dalla capacità di analizzare ciò che si vive da diversi punti di vista, dalla consapevolezza, dal profondo rispetto dei propri limiti, ma anche dal desiderio di guardare in avanti, perseguendo un obiettivo, un senso che orienti il proprio agire.