Come e quanto il Coronavirus può condizionare la vita di coppia e familiare da un punto di vista emotivo.
La paura del coronavirus condivisa purtroppo a livello mondiale, l'ansia di cadere involontariamente in situazioni di possibile contagio, l'idea di essere infettati da un agente esterno tanto “invisibile” quanto potente, il virus, o di poter infettare qualcuno se non addirittura le persone di famiglia che amiamo, sono questi i motivi principali per cui al momento attuale viviamo nella paura che qualcosa di ancora più brutto possa accadere, a noi o ai nostri cari.
La paura è un'emozione primaria che, contenuta sotto una certa soglia, funge da cuscinetto protettivo di sopravvivenza da possibili rischi. Se però la paura prevarica il ragionamento razionale essa può diventare ingestibile e dare adito a comportamenti impulsivi e irrazionali, come del resto abbiamo avuto modo di osservare in queste ultime settimane (assalto ai supermercati, diffusa caccia agli untori su molti social, oppure una chiusura difensiva ipocondriaca circoscritta al tentativo ossessivo di controllo di un'eventuale esposizione del proprio corpo al contagio). Risulta comprensibile che tale condizione provochi distress (Hans Selye), ansia negativa, generata dall'esposizione a stimoli esterni frequenti e di lunga durata. Il carattere improvviso di questa pandemia (in questo modo è stata percepita dalla popolazione, drammaticamente improvvisa), la sua straordinaria, atipica, violenta irruzione nel nostro tran-tran quotidiano hanno spaventato tutti e indotto la maggior parte delle persone a rifugiarsi a casa, con dispiacere e preoccupazione per le conseguenze sociali ed economiche. Coloro che hanno lasciato il lavoro fuori casa (per il telelavoro nei casi più fortunati, definitivamente nei casi più precari) con esso hanno momentaneamente rinunciato anche ad una vita di relazione a questo almeno marginalmente legato: qualche chiacchiera fra colleghi, risate, aperitivi, palestra nella pausa pranzo. Tutto spazzato via all'improvviso. Velocemente le persone hanno avuto la necessità di adattarsi a nuovi ritmi di vita, estremamente più calmi e rilassati, ovattati, in cui non è più necessario controllare continuamente l'orologio o le mail sul computer, perché è come se tutto si sia d'incanto fermato. La sveglia delle 6,30 adesso suona alle 9, in alcuni casi non suona neppure. Non è scontato né tanto meno pacifico trovarsi costretti a cambiare abitudini, anche quelle più scomode, come alzarsi presto dal letto (anche in vacanza del resto i primi giorni fatichiamo a lasciarci andare al relax bramato, non è raro che tale cambiamento provochi sbalzi d'umore repentini e ci renda nervosi!). Il problema insorge soprattutto se non si ha avuto il tempo per adattarsi e tanto meno di circoscrivere il rischio, in quanto il nemico è invisibile, può essere dovunque. Adesso la situazione è di gran lunga peggiore: siamo costretti a subire questo stop e inoltre grava sulle nostre teste lo spettro del virus! Il carattere aggressivo e violento di questa epidemia peggiora ulteriormente il quadro. In questo senso i mass-media contribuiscono a creare una accentuata vulnerabilità emotiva nelle persone con le notizie che ovviamente sono tenuti a dare, ma che troppo spesso non lasciano margine di speranza. Il dictat “State a casa!” risuona nelle nostre teste come un imperativo categorico minaccioso. Ciò non contribuisce in alcun modo a rimanere sereni davanti a questa necessità e neppure a farci assaporare i possibili aspetti positivi: è, per la gran parte delle persone, solo una coercizione da rispettare per il proprio e altrui benessere. Bisogna solo scegliere il male minore, cioè non si avverte alcun bene in tutto ciò!
In questo quadro estremamente complesso e variegato, con tutti i risvolti tragici che la cronaca ci ha fatto conoscere, vorrei tralasciare gli aspetti sociali e prevalentemente umanitari del problema e concentrarmi su alcune concise riflessioni inerenti la vita di coppia e familiare.
Mi chiedo quali conseguenze stia arrecando questa convivenza forzata alla vita di coppia da un punto di vista emotivo e, allargando lo sguardo a tutta la famiglia, quali considerazioni possiamo fare nei confronti soprattutto delle coppie con figli piccoli. Mi baso essenzialmente sui racconti dei miei pazienti e di persone che conosco. Una coppia di coniugi o conviventi stabili è in genere abituata a svegliarsi insieme, forse a condividere la prima colazione, a sentirsi al cellulare durante la giornata e a rivedersi la sera più o meno nel tardo pomeriggio al rientro dal lavoro, per cenare poi insieme. Il coronavirus ha radicalmente stravolto queste abitudini, almeno per la maggior parte delle persone che non devono o non possono continuare a lavorare. Vedersi, guardarsi, condividere l'ambiente di casa tutto il giorno, facendo a meno di ciò che era invece consuetudine fare o vedere, può cambiare la vita. Come?
Dipende da molti fattori.
Elenco quelli che mi sembrano più significativi per ordine di importanza e peso:
1) Risorse psichiche ed emotive di ciascun componente della coppia. Per poter rimanere sereni nella situazione sopra descritta è indispensabile che lui e lei siano capaci individualmente di attingere alle proprie risorse personali, al proprio bagaglio emotivo e culturale, anche alla propria soglia di resilienza. In pratica devono essere già da molto tempo in grado di stare bene da soli, senza aver bisogno dell'altro per sentirsi vivi. L'altro rappresenta un valore aggiunto, che sicuramente arricchisce la loro vita, ma non può essere considerato fonte di vita!
2) Non accampare pretese sull'altro. Questa è la logica conseguenza del primo punto. Se io mi sento fondamentalmente in equilibrio con me stessa, ridurrò le mie pretese verso l'altro. (Ridurrò e non eliminerò del tutto data la nostra natura intrisa di egocentrismo e narcisismo esasperato!). L'altro infatti è “altro da me”, l'alterità appunto, il “non me”, e come tale non potrà mai rendermi felice, se non per un attimo (L'enfer c'est les autres!); io invece ho la responsabilità verso me stessa di cercare di essere soddisfatta della mia vita e se non lo sono devo assumere un atteggiamento maggiormente introiettivo (l'opposto, l'atteggiamento del pretendere, è invece in questo caso proiettivo) che mi consenta di capirne i motivi e individuare il percorso da seguire per raggiungere il benessere psicofisico desiderato. Questa dinamica di coppia, cioè della pretesa nei confronti dell'altro, può facilmente esplodere all'interno delle mura di casa in cui ognuno (o talvolta uno più dell'altro) pretende che colui che è accanto faccia o dica o sia in un certo modo. Lo spazio delimitato e il contatto serrato favoriscono l'insorgere di giudizi e pretese di vario tipo. Questo atteggiamento decisamente disfunzionale al rapporto di coppia può portare a “trincerarsi” a modo proprio, secondo i meccanismi di difesa consueti piuttosto che chiarirsi per poter andare oltre.
3) Accrescere l'intimità. Vivere serenamente quell'intimità di coppia che permette di scherzare, ridere insieme, giocare, ironizzare su se stessi e sull'altro (ingredienti essenziali per una sessualità appagante). Se esiste questa confidenza nei momenti di conflitto sarà più facile parlarsi, manifestando all'altro con semplicità cosa si desidera, piuttosto che sottolineare che cosa crediamo che l'altro abbia sbagliato!
Importante è non difendersi, appigliandosi a falsi problemi che nascondono invece un conflitto interiore da elaborare individualmente oltre che in coppia. Un esempio banale: lei nota che lui sta troppo tempo al cellulare, le sembra che non le dedichi sufficiente attenzione, e quindi di non essere importante per lui. In un rapporto sano lei lo invita a fare qualcosa insieme, a guardarsi, questo può bastare per sentirsi appagata e tranquillizzata nella relazione. Nel caso in cui la relazione sia particolarmente solida, lei riuscirà anche a comunicargli la motivazione del suo comportamento, il suo timore di non sentirsi sufficientemente considerata. La donna in tal caso non criticherà lui, ma esprimerà qualcosa di sé al partner contribuendo a rendere il loro rapporto più intimo!
4) Lo spazio da condividere. Indubbiamente se la coppia vive in un ambiente molto ristretto in cui i due si trovano gomito a gomito per tutta la giornata, senza neppure la possibilità di andare in giardino a fare quattro passi o in terrazza dove fumare in santa pace una sigaretta, l'impresa sarà molto più difficile se non ardua. Lo spazio ristretto scatena ataviche reazioni aggressive e il bisogno di difendersi dal supposto invasore: in tal senso ogni centimetro quadrato guadagnato o perso diventa una questione di vita o di morte; una vera lotta che si esprime anche banalmente nel continuare a spostare in maniera pedissequa un oggetto che l'altro ha sistemato a suo modo, ma che toglie spazio o luce all'altro. Così il cappotto e la borsa lasciati sulla poltrona dove lui si siede a leggere il giornale può diventare motivo di discussione o ancora la televisione accesa e il volume troppo alto che impedisce a lei di leggere può diventare l'appiglio per un litigio: lei apostroferà lui di essere insensibile ed egoista, lui accuserà lei di essere opprimente e acida. L'elenco potrebbe essere infinito; sicuramente situazioni che normalmente accettiamo o comunque risolviamo senza problemi (prendendo la borsa e il cappotto e deponendolo altrove) adesso possono diventare terreno di guerra. In questi casi è più che mai essenziale parlarsi, rivelando all'altro il proprio stato d'animo (oppressione, paura, aggressività) e cercare insieme una via comune, perché purtroppo il percorso da fare potrebbe essere più lungo del previsto. Ma questo è un allenamento che si impara col tempo e il coronavirus in questo caso non è l'artefice della dinamica ma solo il termometro che misura l'equilibrio di coppia.
Se la coppia ha figli la situazione è ulteriormente molto più complessa e articolata. Per quanto riguarda la coppia genitoriale è necessario che i due siano perfetti alleati nei confronti dei figli e che le decisioni, anche la semplice organizzazione della giornata e la suddivisione dei compiti siano prese insieme. In tal modo i figli si sentiranno contenuti e guidati, protetti in una situazione che anche in loro genera ansia. La chiusura delle scuole, l'interruzione dei rapporti sociali con i compagni e con le maestre, la costrizione a rimanere chiusi in casa condizionano pesantemente il loro equilibrio. Il comportamento dei figli spesso è frutto di ciò che è stato loro trasmesso e soprattutto di cosa hanno assorbito dal rapporto di coppia genitoriale; essi esprimono a loro modo le dinamiche presenti nella relazione fra i genitori e può accadere che cerchino di instaurare “alleanze trasversali” con uno dei due, evidenziando inconsapevolmente i lati oscuri e più vulnerabili del rapporto di coppia di mamma e papà, quasi per far esplodere tali dinamiche. Per questo motivo, come già accennato, è essenziale che la coppia distingua in tal senso fra il ruolo genitoriale e quello di relazione coniugale e si ponga davanti ai figli unita e solidale.
E' tuttavia necessario parlare francamente ai bambini, spiegando loro, nei termini e modi consoni alla loro età, cosa stia accadendo e il perché sia necessario stare a casa. Anche verso i figli, oltre che verso il partner, è opportuno non accampare pretese, ma piuttosto cercare un'alleanza e una collaborazione, un coinvolgimento diretto e un loro aiuto. Come genitori possiamo aiutarli mostrando rispetto dei piccoli spazi che sono riusciti a ritagliarsi, lasciandoli liberi di sperimentare la noia, ma anche la rabbia o la paura. A tale riguardo può essere opportuno programmare a fine giornata una riunione familiare in cui ogni componente può, in libertà, esprimere i suoi stati d'animo, le paure, le speranze.