Quando una coppia unita dal vincolo coniugale o comunque da una convivenza di fatto decide di separarsi, è facile, oltre che auspicabile, che si rivolga ad uno specialista per un breve percorso di mediazione familiare, soprattutto se ci sono minori all'interno della famiglia.
Nel caso in cui i due si siano già rivolti al tribunale per disaccordi sull'affidamento dei minori o per questioni economiche è frequente che sia il giudice stesso ad invitare la coppia a iniziare un percorso di mediazione familiare prima di procedere da un punto di vista legale. In altri casi è l'avvocato di una parte (o di entrambe) che spinge per questa soluzione. In ultima analisi non è raro che sia la coppia stessa ad optare per la mediazione perché ha verificato, per mezzo di conoscenti o amici, la validità di questo percorso.
In qualunque modo maturi la scelta di rivolgersi ad un mediatore familiare o qualunque sia la fonte da cui parte l'idea, l'obiettivo principale che spinge ad affrontare un tale percorso consiste nel mantenere vivo ed efficace il sottosistema familiare genitoriale nel momento in cui il rapporto di coppia cede. Il principio da proteggere e implementare in ogni caso è che “si resta entrambi genitori per tutta la vita”. I figli, nel momento drammatico della separazione della coppia, avvertono il bisogno e il diritto di poter contare sulle figure di riferimento genitoriali che devono per questo motivo rimanere affidabili, credibili e in questo senso unite per adempiere ai loro doveri verso i minori. Unite nel senso di essere solidali nel loro compito, ponendo come priorità l'interesse del figlio rispetto alle loro eventuali recriminazioni sull'epilogo della relazione coniugale. Riguardo alla responsabilità del rapporto accade frequentemente che ognuno dei due adduca le responsabilità all'altro, in modo più o meno diretto o addirittura aggressivo.
Questo atteggiamento rappresenta un reale deterrente se ostacola il percorso di mediazione, che invece si basa sullo sforzo di tutte le parti in gioco (coniugi e mediatore, tribunale) di individuare la soluzione migliore per il figlio. Il processo è particolarmente complesso perché coinvolge aspetti concreti e materiali della questione:
- Dove vivrà il figlio?
- Con chi?
- Prevalentemente con uno dei due o con entrambi?
- Sarà ospitato a turno nelle attuali abitazioni dei genitori o si sposteranno loro, sempre a turno, nella dimora dove il minore ha la residenza e che quindi conosce bene?
- E ancora il punto dolente, il mantenimento economico del figlio:
a chi spetta e in che misura.
Affrontare queste questioni in una fase della vita per entrambi estremamente precaria è sicuramente fonte di stress e ansia. Per questo motivo una figura esterna neutrale. che possa essere di aiuto per la costruzione di un nuovo equilibrio emotivo familiare, è sicuramente positiva.
Infatti, nonostante i due componenti della coppia possano anche dimostrare tutta la loro buona volontà di trovare un accordo, spesso subentrano resistenze emotive forti e ingestibili. Un aspetto da non sottovalutare infatti è verificare se la decisione razionale e irrevocabile di separarsi legalmente corrisponde alla separazione emotivo-affettiva dal coniuge: si preparano le carte, si delegano gli avvocati, il giudice, anche il mediatore, ma i due protagonisti sono emotivamente pronti ad accettare l'addio? Quanto questa instabilità emotiva e sfumatura eccessiva dei confini pesano sull'equilibrio del figlio?
Marginalmente il compito della mediazione familiare consiste nel mettere in luce queste problematiche ed essere di aiuto alla coppia a trovare risposte assertive e utili per l'equilibrio del sottosistema familiare che si deve adattare alla nuova situazione o consolidare.
Cerchiamo di capire, in concreto, in cosa consiste il percorso di mediazione familiare.
Si tratta di una breve percorso, in genere dai 9 ai 12/13 incontri in cui il mediatore incontra la coppia, insieme, individualmente e anche i minori, se i genitori lo consentono. Va precisato che il mediatore deve mantenere una relazione accogliente, di accompagnamento della coppia e non direttiva (non si pone come esperto, non consiglia, né indirizza), non si schiera ovviamente con nessuno dei due anche nel caso in cui all'inizio sia stato solo uno dei due a cercarlo. Ogni mediatore organizza gli incontri secondo uno stile personale e il suo approccio professionale, ma comunque all'interno di un codice deontologico che tutela l'assoluta riservatezza e lo sforzo congiunto di trovare un punto di vista operativo comune. Infatti non si tratta di un confronto fra le due posizioni spesso antitetiche, ma solo, come sopra accennato, di consolidare il sottosistema genitoriale.
Un primo colloquio è preferibile si svolga alla presenza di entrambi. Si procede alla raccolta di dati anamnestici riguardanti la struttura familiare, il numero figli, etc..
Si fa luce sulla fase del processo di separazione e ci si accerta che non siano in corso azioni legali.
Si evidenzia la richiesta esplicita formulata al professionista.
Alla fine di ogni incontro si definiscono insieme le coordinate del lavoro successivo.
Seguono in genere 2 colloqui individuali in cui il mediatore ascolta da ognuno la storia della coppia, il suo ciclo vitale, ciò che insieme hanno realizzato e infine l'assetto collusivo (collera incontrollata, tensione alta, rigidità estrema dei propri punti di vista...).
Ci si informa su come e quanto la famiglia di origine abbia vissuto la separazione dei rispettivi figli.
Segue un incontro con entrambi che, dopo aver ribadito la loro volontà di trovare un accordo nell'interesse dei figli, accettano di sottoscrivere un semplice contratto in cui i due (pur potendo interrompere il percorso in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo) si impegnano a trovare un accordo con l'aiuto del mediatore. Il contratto non è obbligatorio ovviamente, ma utile come forma di contenimento e orientamento relazionale non solo con il mediatore, ma soprattutto fra loro.
Si impegnano anche a non intraprendere una iniziativa giudiziaria durante il periodo di mediazione.
Inizia adesso la fase centrale della mediazione con due incontri congiunti in cui, a turno, parla solo uno dei due mentre l'altro resta presente, ma solo prevalentemente per ascoltare. Questo incontro è essenziale per ampliare il punto di vista, dare respiro alla relazione spesso in questa fase soffocata dall'esigenza di far valere solo i propri bisogni emotivi, spesso coperti da rivendicazioni materiali. Se questo approccio funziona il coniuge che ascolta si rende conto che il compagno spesso agisce o “è agito” da una trama familiare precedente, non dettata da un conflitto con lui, ma derivante dalla sua sua storia personale, da ciò di cui ha fatto esperienza nella famiglia di origine e che ha riportato nella relazione con il coniuge. Accade, nella migliore delle ipotesi, che lo sguardo verso l'altro e su ciò che stanno vivendo si trasformi e il lavoro di mediazione diventi più facile.
Seguono 2 – 3 incontri congiunti che rappresentano il culmine della relazione che rappresentano la negoziazione vera e propria in cui si concretizza un accordo, ma possibilmente anche un principio/bisogno di solidarietà fra i due.
Raggiunto un accordo di negoziazione è utile inserire 2 incontri con i figli, in cui è bene verificare che i minori siano a conoscenza di ciò che sta accadendo e che siano consapevoli che comunque vada il sottosistema genitoriale li proteggerà e fungerà da riferimento certo per il loro futuro. I genitori stessi illustreranno ai figli i risultati degli accordi, cercando di rassicurarli da tutti i punti di vista. In genere i figli si sentono protetti e accolti verificando la buona volontà e gli sforzi che i genitori impiegano per ricostruire un equilibrio familiare nuovo, ma comunque solido. Un secondo incontro con i figlio può contemplare la realizzazione di un disegno congiunto su un tema che il mediatore stesso potrà suggerire. A questo incontro seguirà una riflessione con i genitori sull'interpretazione del disegno ed è auspicabile un'ultima seduta familiare di sintesi e contenimento del lavoro svolto.