Il corpo umano è formato da milioni di cellule, microscopiche particelle viventi che, in base alla loro struttura, hanno una vita più o meno lunga: alcune pochi istanti, alcune giorni, quelle del sistema nervoso resistono anche molti anni.
Le cellule si moltiplicano con regolarità sostituendo quelle morte anche se, con il passare del tempo, perdono parte della loro capacità di riprodursi innescando un processo di invecchiamento generale di tutto il corpo. Ogni cellula possiede un nucleo contenente 46 cromosomi i quali sono formati da un acido, DNA, contenente i geni, cioè il patrimonio genetico e dalla cui combinazione deriva il sesso, il colore dei capelli e della pelle, tutte le caratteristiche principali che differenziano un essere umano da un altro.
In ogni essere umano tutte le cellule hanno la stessa combinazione genetica.
Dall’adolescenza maturano le cellule sessuali: gli spermatozoi negli organi sessuali maschili e la cellula uovo, l’ovulo, negli organi sessuali femminili.
L’incontro fra l’ovulo e lo spermatozoo avviene nell’utero della donna.
L’ovulo, sebbene microscopico, è comunque la cellula più grande del corpo umano perché racchiude in sé il nutrimento della nuova vita.
L’incontro fra l’ovulo e lo spermatozoo è un viaggio complesso: una volta, nell’arco di un mese, un solo ovulo matura nel corpo della donna ed esso può essere fecondato entro circa ventiquattro ore. Se ciò non accade l’ovulo si decompone dando inizio al flusso mestruale.
Una volta espulso dall’ovaia l’ovulo è attirato nel canale della salpinge per poi proseguire verso l’utero. Lì l’ovulo attende lo spermatozoo. La cellula dello spermatozoo contiene il patrimonio genetico paterno. Nell’arco di circa sei ore lo spermatozoo (vincitore” fra i milioni di pretendenti con esso presenti nella tuba) sale nel canale della salpinge alla ricerca dell’ovulo penetrando la parete della cellula uovo. L’ovulo e lo spermatozoo si distinguono da tutte le altre cellule: perdono, ogni volta casualmente, metà dei loro cromosomi e quindi delle loro peculiarità. La nuova cellula sarà costituita da 46 cromosomi: 23 del padre e 23 della madre. Il nucleo maschile e femminile si fondono dando vita ad un essere unico e inimitabile.
La cellula si riproduce in miliardi di cellule identiche a lei, con lo stesso nucleo genetico, originando tessuti differenziati: ossa, arti, muscoli, cervello, sangue etc.
Le cellule lavorano in perfetta sintonia, come in un’organizzatissima cooperativa.
Anche il corpo materno interagisce in questo processo vitale. I globuli bianchi atti alla difesa immunitaria e a rigettare ogni sostanza estranea (cioè con diverso patrimonio genetico) si fermano davanti alla nuova cellula, compiendo un vero miracolo: ossia permettendo che sopravviva una cellula che non appartiene allo stesso patrimonio genetico della donna.
Il corpo della madre risponde attivamente ai bisogni di nutrimento del piccolo. Si moltiplicano gli ormoni per aiutare la nuova vita.
A poche ore di distanza dalla fecondazione la cellula “neonata” si moltiplica: da embrione a una cellula a embrione a due cellule e così via. Le cellule continuano a raddoppiarsi fino a divenire miliardi di cellule.
All’incirca verso il quarto giorno dalla fecondazione la pallina di cellule simile a una piccola mora (morula) esce dal canale della salpinge ed entra nell’utero.
Nella prima settimana di vita il piccino si riveste di piccole escrescenze per aggrapparsi alle pareti dell’utero da cui prenderà avvio la placenta atta a filtrare tutti gli scambi fra la madre e il bambino.
Nella seconda settimana di vita, nella parte interna della morula, un gruppo di cellule forma il piccolo corpo che si allunga a strati, i foglietti embrionali. In questo momento ogni foglietto costruisce tessuti e organi.
Il legame con il corpo della donna attraverso la placenta assume la forma appena abbozzata di un gambo che gradualmente si allungherà fino a costituire il cordone ombelicale, organo attraverso cui il piccolo si nutrirà e potrà anche muoversi all’interno dell’utero. Tutto questo processo di crescita e sviluppo dell’embrione accade all’inizio della terza settimana, quando ancora la madre non è consapevole della gravidanza che pur sta vivendo. Si può notare che è già abbozzata la bombatura della testa dove affioreranno gli occhi costruiti con le cellule del cervello, sono già formati il sistema nervoso, i polmoni, l’intestino, lo stomaco e il cuore il cui battito può essere registrato per mezzo di un elettro-cardiogramma già a un mese di vita.
A sei settimane si individua nettamente la testa, che occupa gran parte del piccolo corpo. L’attività cerebrale può essere registrata in un elettro – encefalogramma. Le braccia sono ancora corte, ma in compenso spuntano le minuscole dita delle mani. Anche il velo delle palpebre è già calato anche se la sua trasparenza lo rende invisibile. A partire dalle otto settimane di vita la piccola creatura nel grembo materno non si chiama più embrione, ma feto. La formazione di tutti i suoi organi è ormai completata. In miniatura egli possiede tutte le caratteristiche presenti in un essere umano perfettamente sviluppato. Da questo momento dovrà solo crescere in peso e statura. Quando la madre si sottopone alla prima visita di controllo il bambino è già un essere umano completo, anche se in miniatura, infatti egli dovrà moltiplicare di circa venti volte la sua statura e di ben mille volte il suo peso! Ma “il più” è già realizzato.
Sette lunghi mesi devono ancora trascorrere prima che il piccolo possa venire alla luce e in questo momento della nascita lo attende sofferenza e trauma (W.Reich, il trauma della nascita), per la violenza che il parto porta con sé. Le pareti dell’utero nelle contrazioni sembrano volerlo stritolare strappandolo dal suo mondo ovattato e protetto; la fase espulsiva è violenta e il grido che il piccolo (oltre la madre) emette nel venire al mondo esprime il suo dolore. Solo l’accoglienza completa e autentica trasmessa dalla madre, e percepita nel riconoscerne l’odore, la voce, il tatto, il battito del suo cuore potrà tranquillizzarlo permettendo al suo piccolo volto di distendersi spianando le rughe e ai pugni delle sue piccole mani di aprirsi alla ricerca del contatto con il morbido seno della madre.