Un’appagante relazione sessuale fra un uomo e una donna, all’interno di un rapporto stabile nel tempo, rappresenta la cartina tornasole della salute emotiva di ogni relazione affettiva.

 

Se la relazione sessuale non è soddisfacente la cura non deve concentrarsi sugli “esercizi ginnici” legati “al fare sesso” (posizioni, giochi di seduzione, strategie varie), ma piuttosto sulla relazione affettiva stessa. Per vivere una sessualità gioiosa e libera, soprattutto la donna, ma in parte anche l’uomo nella cultura attuale, deve sentirsi “riconosciuta”, accolta, rispettata.  Per l’uomo, in genere, ma non sempre, il sesso rappresenta invece la modalità comunicativa privilegiata per sentirsi accolto nella sua virilità, nel sentirsi anche lui “riconosciuto” nella sua essenza maschile: attraverso il rapporto sessuale egli può scegliere se entrare o meno in una relazione più profonda. (Adesso tale differenziazione fra i bisogni emotivi femminili e quelli maschili non è più così marcata, anzi, in alcuni casi, la tendenza spesso appare persino inversa, per esempio nei disturbi di impotenza maschile e di eiaculazione precoce purtroppo in continua crescita, anche fra i giovani che si trovano arresi di fronte alla sempre più spavalda emancipazione della donna, la quale non attende più che il partner si faccia avanti, ma è lei stessa a esporsi  per prima attraverso delle avances esplicite).

Il fenomeno dei disturbi sessuali maschili e a volte anche femminili non emerge sempre nella prima fase dell’incontro amoroso, ma anche successivamente, quando il rapporto diventa più coinvolgente. Questo è il motivo per cui, per parlare di sessualità, è necessario soffermarsi sul processo emotivo di formazione del rapporto.

 A tal riguardo ecco il pensiero di San Giovanni Paolo secondo nelle sue catechesi sull’amore umano del 1995.

“Il corpo umano, con il suo sesso, e la sua mascolinità e femminilità, non è soltanto sorgente di fecondità e procreazione, come in tutto l’ordine naturale, ma racchiude “fin dal principio”, l’attributo “sponsale”, cioè la capacità di esprimere l’amore: quell’amore appunto nel quale l’uomo persona diventa dono e – mediante questo dono – attua il senso stesso del suo essere e del suo esistere”. (Uomo e donna lo creò, catechesi sull’amore umano, 1995)

Siamo esseri sessuati osserva Giovanni Paolo II , maschio e femmina, già nell’utero materno e ciò non rappresenta solo fonte di fecondità, ma essenza capace di esprimere l’amore (attributo sponsale). Amore che si compie nel dono reciproco di sé all’altro attraverso il corpo e la mente, attuando il senso stesso del proprio essere al mondo! Cervello e cuore (mente e sentimento) sono organi sessuali per eccellenza: separare le loro funzioni e potenzialità crea uno stallo nella relazione venendo meno i presupposti di una sua crescita.

 Il solo rapporto sessuale, di per sé, inteso come mero atto genitale, non presuppone, né garantisce infatti la capacità d’amare.

Il rapporto “sano” non è solo basato sull’attrazione (passione, emozione, sentimento), sui propri bisogni da appagare; non basta affermare “mi piaci molto, sto bene con te, mi fai impazzire, senza di te non vivo”, ma piuttosto, “come posso renderti felice, aver cura di te”.

Soffermiamoci sull’innamoramento, primo approdo all’amore.

L’innamoramento è un vero e proprio stravolgimento emotivo mosso da una profonda attrazione verso l’altro. Si vive l’innamoramento come il punto di arrivo oltre cui niente assume importanza, è il premio che risponde al desiderio di essere felici. L’amato è idealizzato, rappresenta una proiezione inconscia dei bisogni emotivi dei due partner, perfetto a causa di una deformazione percettiva inconscia di cui entrambi i soggetti sono vittime. Le barriere dell’Io, del principio di realtà, vengono abbattute grazie a una regressione allo stato di indifferenziazione e onnipotenza infantile. Impera il bisogno di essere amato, di ricevere e attingere vita dall’altro (“senza di te non esisto più”), in una fusione reciproca. I due amanti, in questo inizio del rapporto, non hanno ancora integrato e condiviso con l’altro le loro identità.

In questa fase quasi niente dipende dalla loro volontà: non c’è esame della realtà, né alcun forzo. E’ un periodo magico, stupendo, ma è necessaria un’ulteriore, profonda elaborazione: i due devono compiere e vivere il passaggio dalla complementarietà alla reciprocità della relazione; reciprocità che ha il potere di rendere i due “entrambi soggetti” del rapporto; ciò presuppone il rendersi consapevoli di “esseri distinti”, pur nel desiderio di ricercare un’unità.

Essere distinti, diversi, separati, l’uno alterità per l’altro, può creare seri problemi. Ed ecco che ciò che un tempo ha fatto innamorare lei/lui, adesso irrita. (Esempi tratti dai colloqui con le coppie: … lui che mangia con le mani e si lecca con gusto le dita, all’inizio del rapporto può essere vissuto come indice di spontaneità, ma successivamente come gesto volgare oppure lei che impiega molto tempo per prepararsi, all’inizio del rapporto viene vissuto come cura per l’altro, rimanendo sedotti dal fascino che emana, ma a lungo andare viene avvertito come disinteresse per l’altro che aspetta!)

Mentre nell’innamoramento si pensa di essere due anime gemelle (nel simposio di Platone il commediografo Aristofane racconta del mito degli androgini: In origine esistevano 3 sessi, i maschi, le femmine e gli androgini formati per metà dal maschio e per metà dalla femmina), nell’amore maturo si è consapevoli di essere distinti, ma di volere vivere l’uno per l’altro.

E’ il passaggio da una relazione basata prevalentemente sul “sentimento” a quella basata sulla volontà di cogliere il vero valore dell’amore.

Per accogliere l’altro diverso da sé è essenziale che l’uomo dialoghi con la sua parte femminile (anima) e la donna con la sua parte maschile (animus) in un processo di empatia reciproca.

 E’ necessario un cammino di conoscenza di sé oltre che un’immagine realistica di sé, considerando i limiti e le risorse.

Per essere in buona relazione con l’altro bisogna confidare in una solida identità personale e considerare l’altro un valore aggiunto prezioso: la scelta del partner è inconscia…da giovani si sceglie inconsciamente la persona adeguata in quella fase della vita emotiva del soggetto, in base anche ai rapporti d’amore primari vissuti soprattutto con le figure genitoriali.

L’amore adulto si basa sull’integrazione di aspetti pulsionali, razionali e valoriali della personalità di entrambi e presuppone un processo di una già da tempo avvenuta ed elaborata differenziazione .

Un amore adulto presuppone:

  1. a) possedere un’immagine realistica di sé;
  2. b) possedere un’immagine realistica dell’altro;
  3. c) integrazione degli aspetti ambivalenti (odio amore) di sé e dell’altro.
  4. d) funzione sintetica dell’Io, cioè il saper uscire dalla logica riduttiva dell’ “aut . aut” per abbracciare un’ottica che unisce i due e non nega gli opposti, stimolando la capacità di confrontarsi senza ferirsi accogliendo l’altro nella sua complessa, preziosa diversità.

Freud sosteneva che fosse necessario un ritiro della libido da sé per amare l’altro (meno amo me, più amo l’altro), ma in effetti l’amare l’altro ci porta ad un’autoconoscenza, mostrandoci chi siamo, senza maschere. Finché l’altro non ci “disturba” emotivamente, non ci permette di incontrare la nostra nudità per poter finalmente non averne timore.

In questa complessità emotiva esiste un anello di congiunzione fra il bisogno di vivere l’amore come sentimento romantico e l’esigenza di un rapporto maturo e solido?

E’ il nostro corpo con la sua potenzialità di esprimersi attraverso la comunicazione analogica. Essa ricopre circa l’85% della comunicazione fra due esseri umani. La gestualità esprime l’amore: lo sguardo per esempio; in un litigio non ci si guarda negli occhi se non per ferirci. Il tatto: una carezza, un abbraccio, un bacio…tutti gesti che non devono essere interpretati nell’ottica di un “do ut des”, ma finalizzati a quel momento, come espressione unica e irripetibile di tenerezza e vicinanza.

E’ infatti molto importante che il gesto sia finalizzato a sé stesso e non solo funzionale al raggiungimento dell’atto sessuale. Numerose volte ho ascoltato soprattutto ragazze e donne che si limitavano ad esprimere gesti di tenerezza e affetto verso il partner per paura che egli fraintendesse e volesse andare oltre. Ogni gesto d’amore verso l’altro va accolto per quello che è, nella sua pienezza emotiva e non per ciò a cui potrebbe alludere, perché in tal modo è spogliato del suo potenziale affettivo.